Roberto Di Ferro
Nato a Malvicino (Alessandria) il 7 giugno 1930, trucidato a Pieve di Teco (Imperia) il 28 marzo 1945, operaio, Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.
È – con Filippo Illuminato – uno dei più giovani partigiani decorati di Medaglia d’oro al valor militare. La motivazione della ricompensa alla memoria di “Baletta”, questo il nome di battaglia di Roberto Di Ferro, suona: “Primo fra i primi nelle più audaci e rischiose imprese, ardente di fede ed animato dal più puro entusiasmo, appena quattordicenne partecipava alla dura lotta partigiana, emergendo in numerosi fatti d’arme per slancio leonino e per supremo sprezzo del pericolo. Dopo strenuo combattimento contro preponderanti forze nazifasciste, in cui ancora una volta rifulse il suo indomito valore, esaurite le munizioni, veniva catturato e condotto dinanzi ad un giudice tedesco. Benché schiaffeggiato e minacciato di terribili torture, si manteneva fiero e sereno non paventando le barbare atrocità dell’oppressore. Le sue labbra serrate in un tenace e sprezzante silenzio, nulla rivelarono che potesse nuocere ai compagni di fede ed alla causa tanto amata. Condannato a morte rispondeva: «Uccidetemi, i miei compagni mi vendicheranno». La brutale rabbia nemica stroncava la sua giovane esistenza interamente dedicata alla liberazione della Patria. Magnifico esempio di valore e di giovanile virtù”. Il ragazzino (lavorava già nonostante la giovanissima età, per aiutare la famiglia che si era trasferita dall’Alessandrino ad Albenga), fu tra i primi a darsi alla macchia dopo l’armistizio. Raggiunta una formazione partigiana sull’Appennino Ligure, “Baletta” fu, inizialmente impiegato come staffetta. Col passare dei mesi, fu difficile impedirgli di partecipare anche alle più rischiose operazioni della sua formazione. La Liberazione sembrava essere ormai imminente quando, il 27 marzo 1945, una colonna motorizzata tedesca, forte di duecento uomini, irruppe nella zona di Tovrasta, sopra Pieve di Teco. Guidava gli uomini della Wermacht un delatore. Un gruppo di partigiani del distaccamento “Marco Agnese”, appartenente alla Brigata “Silvano Belgrano” (VI Divisione Garibaldi d’assalto “Bonfante“), fu colto di sorpresa. Nell’impossibilità di rompere l’accerchiamento, i partigiani si difesero sino all’ultima cartuccia. Il loro comandante, Giovanni Trucco, fu ucciso, con altri suoi compagni, nel conflitto. “Baletta”, con nove superstiti, fu catturato dai tedeschi. Inutile il tentativo del vicecomandante della VI Divisione, Luigi Massabò, di salvarli: la proposta di uno scambio con due ufficiali nazisti fu respinta dai tedeschi, che trucidarono i dieci prigionieri e, per sopramercato, crocefissero “Baletta”. La memoria della giovane Medaglia d’oro della Resistenza è ancora molto viva nell’Alessandrino e nell’Imperiese. Un importante contributo a non dimenticare il bambino partigiano di Albenga è stato dato da Daniele La Corte col suo libro Diventare uomo – La Resistenza di Baletta (prefazione di Alessandro Natta), che nel 2006 è giunto, per i tipi della Totalprint di Genova, alla terza ristampa. Dal libro verrà tratto anche un film, che verrà girato nell’Alessandrino e nell’entroterra di Albenga e Imperia.