B E L L A C I A O
Una mattina mi sono alzato
o bella ciao bella, bella ciao, ciao, ciao,
una mattina mi sono alzato
e ho trovato l’invasor.
O partigiano portami via
o bella ciao bella ciao, bella ciao, ciao, ciao
o partigiano portami via
che mi sento di morir.
E se muoio da partigiano
o bella ciao bella ciao, bella ciao, ciao, ciao
e se muoio da partigiano
tu mi devi seppellir.
Seppellire lassù in montagna
o bella ciao bella ciao, bella ciao, ciao, ciao
seppellir lassù in montagna
sotto l’ombra di un bel fior.
E le genti che passeranno
o bella ciao bella ciao, bella ciao, ciao, ciao
e le genti che passeranno
ti diranno oh che bel fíor.
Questo è il fiore del partigiano
o bella ciao bella ciao, bella ciao, ciao, ciao
Questo è il fiore dei partigiano
caduto per la libertà.
Canzone partigiana – di anonimo. L’aria deriva dalla nota canzone della Guerra 1915/18 “Stamattina mi sono alzata”. Durante la Resistenza fu cantata per lo più in Abruzzo e Lazio praticamente sconosciuta dai partigiani che operavano al nord.
Negli anni 60 fu riproposta dal cantante ed attore italo francese Ivo Livi “YvesMontand” in un album di canti popolari, ed inserita nel Giugno del 1964 assieme alla versione delle mondine da Roberto Leydi e Filippo Crivelli in uno spettacolo di canzoni di protesta al “Festival dei due mondi” di Spoleto ebbe un grandissimo successo e si trasforma in canzone di lotta nelle manifestazioni di piazza di studenti ed operai.
FISCHIA IL VENTO
Fischia il vento urla la bufera
Scarpe rotte eppur bisogna andar
A conquistare la rossa primavera
Dove sorge il sol dell’avvenir
A conquistare la rossa primavera
Dove sorge il sol dell’avvenir
Ogni contrada è patria dei ribelli
Ogni donna a lor dona un sospir
Nella notte ci guidano le stelle
Forte il cuore e il braccio nel colpir
Nella notte ci guidano le stelle
Forte il cuore e il braccio nel colpir
Se ci coglie la crudele morte
Dura vendetta sarà del partigian
Ormai sicura è la bella sorte
Contro il vil che ognora combattiam
Ormai sicura è la bella sorte
Contro il vil che ognora combattiam
Cessa il vento cala la bufera
Torna a casa il fiero partigian
Sventolando la rossa sua bandier a
Vittoriosi alfin liberi siam
Sventolando la rossa sua bandiera
Vittoriosi alfin liberi siam
Canzone partigiana – diventò la canzone ufficiale delle Brigate Garibaldi. La canzone nacque nel
dicembre del 43 nella Valle di Andora e in Val Pennavaire sull’aria della melodia russa “Katiuscia”
del poeta Michail Isakovski portata in Italia dal partigiano Giacomo Sibilla “Ivan” parole del
comandante partigiano dr. Felice Cascione, caduto in cambattimento il 27 gennaio 1944 in località
Fontane di Alto e decorato con medaglia d’oro alla memoria. Della canzone esistono alcune varianti
secondo dove si cantava: “la nostra primavera” invece di “rossa primavera” – “dura sorte” invece di
“bella sorte” –“ognora cerchiam” invece di “ognora combattiam”. La melodia russa era di soggetto
amoroso, la prima strofa recita:
Fiorivano i meli , fiorivano i peri,
Le nebbie veleggiavano sul fiume,
Katiuscia discendeva la riva,
All’alta riva scoscesa….
Festa d’Aprile
Siamo i ribelli
La Brigata Garibaldi
Sutta a chi tucca
El paso del Ebro
I SOLDATI DELLA PALUDE
Fin dove lo sguardo può giungere
non si vede che brugheria e palude.
non un uccello canta qui attorno,
soltanto qualche quercia povera e spoglia.
Noi siamo i soldati di palude,
marciamo con le vanghe nel fango.
Le sentinelle marciano su e giù,
non uno, non uno può fuggire,
la fuga vuol dire la morte sicura,
i fucili e i reticolati ci chiudono la vita.
Noi siamo i soldati di palude,
marciamo con le vanghe nel fango.
Per noi non c’è pietà in questo luogo,
l’inverno ormai è alle porte,
ma un giorno potremo alfine gridare:
“Patria amata, alfine sei nostra”
Noi siamo i soldati di palude,
marciamo con le vanghe nel fango.
Canto nato nel campo di concentramento di Borgemoor nel 1933, dove erano rinchiusi i primi internati antifascisti. Fu poi ripreso negli anni della guerra in tutti i lagher e sopratutto in quello di Dachau.
IL CANTO DEI LAGHER
Un silenzio cupo ammanta
la palude all’infinito,
non un solo uccello canta
sopra l’albero impietrito.
O terra di malora
che noi dobbiam ancor vangar.
Muri di ferro, odio e rabbia
è il destino che ci aspetta
e la vita come sabbia
tra le dita scorre in fretta.
O terra di malora
che noi dobbiam ancor vangar.
Forni a gas, decimazioni,
sentinelle inferocite,
spari, sangue, invocazioni
e torture inaudite.
O terra di malora
che noi dobbiam ancor vangar.
Che ci importa di morire
primavera tornerà
e chi scampa potrà dire
noi amiamo la libertà.
O terra di Malora
che noi dobbiam adesso amar.
Canto dei Lagher – Raccolto da Andrè Malraux tra i deportati politici francesi in un campo nazista. Il canto nacque nel 1934 quando nessuno ancora sapeva dell’esistenza dei campi di concentramento. In questi campi era rinchiusa molta parte dell’intellighentia antihitleriana; c’erano tedeschi,austriaci,francesi,cechi e polacchi.
Il canto nacque da una speranza che tutto sarebbe finito e che al di là dell’oppressione sarebbe nato un nuovo mondo migliore