Murales per Felice Cascione

Associazione Nazionale

Partigiani d’Italia

 

Imperia: un murales per Felice Cascione dipinto da studenti

30 Aprile 2016

Negli ultimi anni si parla sempre più di Street Art. Fanno notizia i grandi murales realizzati nelle capitali europee. Ma l’arte contemporanea urbana sta entrando anche nelle scuole, non solo come spunto di dibattito grazie alle tematiche che affronta, ma anche proprio come azione artistica-culturale.
È il caso del Liceo Scientifico Vieusseux di Imperia i cui studenti hanno realizzato una pittura murale partecipata sotto la guida dell’artista Opiemme. Una collaborazione promossa dal rappresentante di istituto, Edoardo Verda, e dalla preside Stefania Colicelli, e realizzata su una parete di 20mq nell’ingresso dell’istituto.
Il murales, realizzato a febbraio scorso nell’atrio di ingresso dell’istituto superiore – durante la settimana di interruzione delle attività didattiche -, è stato dedicato alla memoria del partigiano Felice Cascione (Porto Maurizio), grande figura della Resistenza imperiese.
Felice Cascione, nome di battaglia, U Megu è morto all’età di 26 anni. Giovane poeta e medico ligure, neolaureato a Bologna, è ricordato per avere composto il testo della canzone “Fischia il Vento”, celebre canto partigiano sulle note della famosa aria russa popolare Katyusha. Proprio da questa canzone è stato tratto il verso riportato al centro del murales “Nella notte lo guidano le stelle”, scelta coerente con la poetica dello street artist Opiemme, da sempre legato alla quinta arte, ed espressa nei lavori della serie Vortex, ispirata alle stelle e all’universo.

Utilizzando stencil, mascherine e pennelli, i ragazzi hanno seguito la realizzazione del murales dalle sue prime fasi, fino alla firma dell’opera. Ad aiutarli, portando creatività e praticità, l’artista Opiemme, conosciuto anche come “poeta della street art”, per i suoi interventi di “poesia di strada”, volti a portare la quinta arte incontro alle persone in luoghi inaspettati per generare meraviglia e un momento di riflessione.
Recentemente i lavori di Opiemme sono stati esposti a Barcellona (Swab Fair) e Parigi (Urban Art Fair) dove ha ottenuto un buon successo di pubblico e un grande interesse da parte dei collezionisti, soprattutto tedeschi.
I suoi murales si possono ammirare in diverse parti del mondo, da Bueno Aires in Argentina fino alla Thailandia. A Gdansk (Polonia) l’artista ha dipinto una facciata di un palazzo alta 30 metri commemorando la poetessa Wislawa Szymborska. Proprio in Polonia tornerà il prossimo settembre per il festival Urban Forms di Lodz, mentre l’esposizione Vortex non si ferma e toccherà altre tappe in Italia, come la Pinacoteca di Follonica e il Comune di Ravenna.

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Quella che segue è una intervista a due partigiani del comandante Felice Cascione, l’autore di “Fischia il vento” realizzata il 29 Novembre 2012 da Christian Flammia e Andrea Ghirardo.

Tonino Simonti e Silvano Alterisio sono due partigiani che hanno combattuto accanto a Felice Cascione, autore della celebre canzone “Fischia il vento” e loro comandante partigiano. Gli autori dell’intervista sono impegnati per il recupero del “Casone” dove le canzone venne composta.
“Il tuo nome è leggenda, molti furono quelli che infiammati dal tuo esempio s’arruolarono sotto la tua bandiera…”: così Italo Calvino ricordava nei suoi scritti la figura di Felice Cascione. In un periodo di profondo decadimento di valori morali ed etici quale quello odierno, l’esempio di Felice Cascione, detto “u megu” (il medico), medaglia d’oro al valor militare alla memoria che sacrificò la sua vita per la libertà della Patria, non va dimenticato.
Nato a Imperia nel 1918, antifascista attivo dal 1940 (fu anche incarcerato per aver partecipato a manifestazioni antifasciste), Cascione si laureò in medicina nel 1943. A partire dall’8 settembre iniziò il suo cammino di partigiano fondando a Magaletto la Prima Brigata partigiana dell’imperiese, che guidò sui monti della Liguria fino al 27 gennaio del 1944, quando trovò la morte ad Alto durante uno scontro con i nazifascisti.

A indirizzarli c’era proprio quel Michele Dogliotti che Cascione aveva fatto prigioniero due mesi prima e che si era rifiutato di fucilare: “Ho studiato venti anni per salvare la vita di un uomo e ora voi volete che io permetta di uccidere?”

Le gesta di Cascione e le circostanze della morte, quando si fece uccidere nel tentativo di salvare un suo compagno, rappresenta una straordinaria pagina di storia, una pagina eroica della storia d’Italia, da tramandare ai posteri.
Nel ricordarlo, convinti che con la storia del passato si possa costruire il nostro futuro, il sogno che abbiamo è quello di recuperare il casone, oggi in stato di abbandono, dove fu scritta la canzone “Fischia il vento”, divenuta inno della Resistenza.
Per far questo abbiamo chiesto aiuto a due suoi compagni ancora in vita, affinchè la loro testimonianza metta in luce la personalità del comandante partigiano Felice Cascione.

Tonino Simonti (nome di battaglia Fedor e che faceva parte del distaccamento “Felice Cascione”, ci racconta di quei giorni.

“Sono passati tanti anni, a me Cascione è rimasto nel cuore, era un uomo come si deve, con grande dignità. A casa ho molte foto di Felice. Lui era dottore a Porto Maurizio ma non lo conoscevo di persona. Con lui sono stato tre, quattro mesi. Sono salito in montagna sopra Pontedassio il 28 settembre del 1943 e la banda era composta solo da una decina di partigiani. Un uomo così, con il suo altruismo non l’ho mai incontrato. Era avanti cinquanta anni con la testa. La cosa che più mi ha colpito era il trattamento che Cascione riservò ai due prigionieri. Dopo averli salvati da morte sicura, li trattava come se fossero stati partigiani, ci raccomandava sempre che i prigionieri andavano trattati da prigionieri e ci diceva che lui aveva studiato una vita per salvare vite umane e non si poteva permettere di uccidere una persona. Pensate che quando da Oneglia arrivavano le sigarette, ne dava sempre due a testa compreso loro due, divideva con loro il pranzo e le coperte. Non capisco ancora oggi perché abbiano voluto scappare, erano già due mesi che stavano con noi. Vi voglio raccontare due episodi significativi. Una volta una donna della valle ci disse che suo figlio di 5 anni era caduto e si era fatto male ad un piede. Felice prese dal suo zaino i ‘ferri del mestiere’, scese al paese e curò il bambino. La donna disse a ‘u megu’ cosa potesse dargli in cambio e lui rispose di portare da mangiare ai suoi uomini che stavano morendo di fame. La donna arrivò con un cesto di castagne e un sacco di altra roba, questo per farvi capire la sua onestà. Un altro episodio: un giorno Cascione ordinò a me a Cigrè di pulire delle patate, ma presi dalla fame, due ce le siamo mangiate prima di portarle a tavola. Felice lo scoprì e ordinò di legarci al palo della chiesa. In un secondo momento, decise di salvarci dalla punizione perché era il giorno di un santo particolare. Ma avevamo tanto rispetto per lui che ci siamo presi una punizione da soli e decidemmo di saltare il pranzo a mezzogiorno, ma ‘u megu’ dopo una bella ramanzina decise di farci mangiare”.
Improvvisamente Tonino cambia registro e ci racconta di Cascione giocatore di pallanuoto. “Era da nazionale e quando tirava i palloni in porta usciva dall’acqua con il ginocchio, era uno spettacolo. Ci teneva molto alla nostra condizione fisica e in montagna ci faceva fare sempre esercizi fisici per rimanere in forma”.

Chiediamo a Tonino di raccontarci la giornata fatale.
“Mi ricordo bene quel tragico 27 gennaio, io ero di guardia insieme a Cigrè, erano circa le 6,30 del mattino e faceva un gran freddo. Eravamo in allerta per possibili attacchi tedeschi perché due giorni prima era scappato uno dei prigionieri fascisti catturati nella battaglia di Montegrazie. Il Battaglione tedesco ci attaccò con mezzi pesanti dal basso, nello scontro a fuoco Cascione fu ferito ad una gamba, rifiutò ogni tipo di soccorso per non mettere a repentaglio le nostre vite e per non pregiudicare la nostra ritirata. Ci ordinò di seguire Vittorio Acquarone (suo cugino) e di scappare verso Alto per mettere in salvo la banda. Ci siamo diretti per la mulattiera che portava verso Ormea e quando abbiamo saputo che Cascione era stato ucciso, ci siamo messi a piangere come dei bambini”.
Ora parliamo con Silvano Alterisio, “il migliore” come amavano definirlo i suoi compagni, autore con Felice Cascione e Giacomo Sibilla, nome di battaglia ‘Ivan’, dei versi della canzone ‘Fischia il vento’ che divenne l’inno ufficiale di tutte le Brigate Garibaldi del Nord Italia.
Gli spieghiamo che l’iniziativa che stiamo portando avanti ha come obiettivo quello di cercare di recuperare i valori della Resistenza che hanno portato a liberare l’Italia e vogliamo far conoscere ai giovani la loro voce.
“Non era così semplice la vita partigiana, perché abbiamo incontrato molti ostacoli e problemi, anche per colpa nostra forse. Siamo stati troppo leggeri e incapaci di gestire il movimento. Abbiamo portato avanti i valori della Resistenza ma non come avremmo dovuto fare. Molti compagni dopo la guerra sono cambiati, all’inizio era una cosa sincera, in seguito sono nate diverse incongruenze. Ultimamente con gioia vedo un recupero di questi valori. Il mio ricordo di Felice Cascione? È stato effettivamente unico, come lui ce ne erano pochi, era sempre a contatto con i partigiani e pronto ad aiutare gli amici e tutti gli abitanti della zona, era coraggioso e semplice e talmente tanto intelligente che a volte non riuscivamo a comprenderlo”.
Ed a proposito di ‘Fischia il vento’: “Felice oltre ad essere un ottimo comandante era un raffinato poeta, sebbene un po’ stonato.. il mio augurio è che riusciate a recuperare il Casone perché ha un enorme valore storico e per quello che riusciamo, io e Tonino cercheremo di aiutarvi. Se ne parla troppo poco di questa storia, dovete andare nelle scuole a raccontarla, bisognerebbe riuscire a fare qualcosa di più di quello che si è fatto fino ad oggi, ora tocca a voi”.

Christian Flammia e Andrea Ghirardo